Cosa vuol dire per me essere professionista dell’educazione?

Premetto che prima di iniziare questo lavoro non avevo la benché minima idea di che cosa volesse dire fare l’educatore.
Cosa sapevo? Sapevo che l’educatore lavorasse con i bambini nella scuola dell’infanzia. Fine.
Perché è questo ciò che si conosce e che si dice quando si tratta di educazione. Non è del tutto sbagliato dire che si lavora con i bambini, ma non è neanche del tutto corretto. Cerco di spiegarmi meglio.

Quando ho cominciato a lavorare come educatrice, la mia prima esperienza è stata negli asili nido e nelle scuole dell’infanzia: mi piaceva molto l’ambiente, amavo osservare i bambini e durante le attività mi piaceva guardarli per capire come le svolgessero, ognuno in modo diverso.
Mi hanno poi proposto il settore disabilità nel rapporto 1:1, perciò ho iniziato a lavorare all’interno delle scuole primarie e delle scuole medie al fianco di bambini e ragazzi autistici, ADHD, BES, con disabilità fisica, con disturbo del linguaggio e così via.
Credo sia stato un arricchimento di esperienza incredibile: andavo in diverse scuole del mio territorio e ogni bambino o ragazzo era diverso e qui ho imparato realmente il concetto di diversità, che per me è sempre stato fondamentale, ma che avevo paura di dire ad alta voce perché, quando frequentavo io la scuola primaria, era considerato un tabù; mi hanno sempre insegnato a nascondere determinati comportamenti considerati “strani” e obsoleti per la società.

Ecco, in quel momento ho appreso cosa volesse dire “fare educazione”: ho dovuto smussare ciò che mi è sempre stato insegnato e da quando ho iniziato a cambiare determinati punti di vista, quindi a vedere le cose in maniera diversa rispetto allo standard, mi sono sentita una persona migliore.
Questo è il motivo per cui è nata la mia passione per l’educazione.
Ho iniziato a formarmi, volevo studiare le disabilità e neuro-divergenze, avevo bisogno di capire come svolgere al meglio il mio lavoro e come approcciarmi e gestire determinate situazioni. Trovare un mio metodo di lavoro per ogni bambino/ragazzo.

Se sono qui a scrivere questo è perché mi piace far capire che esistono infiniti mondi diversi e che non sempre è tutto così superfluo, non tutto è così scontato, ma imparare a mettersi anche dall’altra parte e porsi delle domande cercando di comprendere le diversità di ognuno è la ricchezza più grande che si possa ottenere.
A questo punto ti chiedo: ti sei mai sentito inferiore, sbagliatə o semplicemente diversə?

Raccontami la tua storia scrivendo un DM sul mio profilo instagram.
Alla tua diversità,
Giulia.

Cosa vuol dire per me essere professionista dell’educazione?

Premetto che prima di iniziare questo lavoro non avevo la benché minima idea di che cosa volesse dire fare l’educatore.
Cosa sapevo? Sapevo che l’educatore lavorasse con i bambini nella scuola dell’infanzia. Fine.
Perché è questo ciò che si conosce e che si dice quando si tratta di educazione. Non è del tutto sbagliato dire che si lavora con i bambini, ma non è neanche del tutto corretto. Cerco di spiegarmi meglio.

Quando ho cominciato a lavorare come educatrice, la mia prima esperienza è stata negli asili nido e nelle scuole dell’infanzia: mi piaceva molto l’ambiente, amavo osservare i bambini e durante le attività mi piaceva guardarli per capire come le svolgessero, ognuno in modo diverso.
Mi hanno poi proposto il settore disabilità nel rapporto 1:1, perciò ho iniziato a lavorare all’interno delle scuole primarie e delle scuole medie al fianco di bambini e ragazzi autistici, ADHD, BES, con disabilità fisica, con disturbo del linguaggio e così via.
Credo sia stato un arricchimento di esperienza incredibile: andavo in diverse scuole del mio territorio e ogni bambino o ragazzo era diverso e qui ho imparato realmente il concetto di diversità, che per me è sempre stato fondamentale, ma che avevo paura di dire ad alta voce perché, quando frequentavo io la scuola primaria, era considerato un tabù; mi hanno sempre insegnato a nascondere determinati comportamenti considerati “strani” e obsoleti per la società.

Ecco, in quel momento ho appreso cosa volesse dire “fare educazione”: ho dovuto smussare ciò che mi è sempre stato insegnato e da quando ho iniziato a cambiare determinati punti di vista, quindi a vedere le cose in maniera diversa rispetto allo standard, mi sono sentita una persona migliore.
Questo è il motivo per cui è nata la mia passione per l’educazione.
Ho iniziato a formarmi, volevo studiare le disabilità e neuro-divergenze, avevo bisogno di capire come svolgere al meglio il mio lavoro e come approcciarmi e gestire determinate situazioni. Trovare un mio metodo di lavoro per ogni bambino/ragazzo.

Se sono qui a scrivere questo è perché mi piace far capire che esistono infiniti mondi diversi e che non sempre è tutto così superfluo, non tutto è così scontato, ma imparare a mettersi anche dall’altra parte e porsi delle domande cercando di comprendere le diversità di ognuno è la ricchezza più grande che si possa ottenere.
A questo punto ti chiedo: ti sei mai sentito inferiore, sbagliatə o semplicemente diversə?

Raccontami la tua storia scrivendo un DM sul mio profilo instagram.
Alla tua diversità,
Giulia.